EVVIVA LO SLOW TRAVEL
I rifugi
Citando il maestro Kugy, “non puoi dire di conoscere davvero una montagna se non c’hai mai dormito sopra”.
Sposo in pieno questa teoria, che ha pregio di riassumere diversi aspetti del cammino: innanzi tutto, la lentezza. Quando ci si alza all’alba, si percorrono un paio d’ore di strade o autostrade trafficate, si cammina faticosamente per cinque o sei ore, si rientra magari in coda, per sfruttare una misera giornata di libertà e poi tornare al lavoro l’indomani, non ci rendiamo in realtà un buon servizio.
La lentezza è parente stretta della consapevolezza e regala il privilegio della conoscenza: se si va troppo veloci, si coglie il rischio di sfruttarsi e di sfruttare anche il mondo che si attraversa, tornando a casa più frastornati di prima. Lo so, siamo tutti più o meno prigionieri di tempi frenetici e impegni incalzanti, io per prima, e quindi lungi da me la spocchia di auspicare ritmi e modi di vivere difficilmente praticabili; il buon Kugy era un ricco ereditiero, che poteva concedersi il lusso di non lavorare e assoldare un manipoli di valligiani per fargli da portatori e da guida su e giù per qualsiasi gruppo montuoso gli pungesse il vezzo di esplorare. Chi invece per mantenersi deve lavorare e magari tiene pure famiglia è meglio che si metta l’animo in pace: giorni e giorni di traversate alpine dormendo sotto le stelle sono un lusso che non potrà permettersi, se non negli striminziti peridi di ferie, in cui, magari, auspica legittimamente a qualche comodità in più.
Ma in città non c’è spazio per venti tesi e bianchi assoluti di neve, per sfide di ripidi percorsi e di geli ostinati, per sentieri che spariscono, inghiottiti dalla neve, e che devi ritrovare fidandoti solo di te stesso e della tua capacità di leggere e tradurre segnali impercettibili. In città non è necessario prevedere l’evolvere del tempo, in montagna è una necessità. Non ti devi preoccupare di quante risorse ti rimangono e di quante ore di luce restano per recuperare la strada buona, smarrita per aggirare un canalone di neve marcia. Non c’è avventura, in città, né modo di misurarsi davvero con sé stessi, con la fame, il freddo e la fatica. Per questo andar per monti e dormire lassù permette di immergersi completamente in una dimensione di essenzialità, di cui la vita quotidiana ci espropria.
Riassumendo: lentezza, conoscenza, essenzialità. Tutti ne abbiamo diritto, quindi perché non provarci? Perché non concedersi ogni tanto una breve parentesi di un paio di giorni di traversata alpina con sosta notturna in un rifugio? Torneremo a guardare la vita negli occhi, rifocalizzando i giusti obiettivi.
Ma ora, bando ai pistolotti di sociologia della montagna e torniamo a volare basso.
Dormire in quota ha solo pregi e pochissimi difetti: si spezzano le escursioni e così si possono adottare tempi più lenti per assaporare i percorsi come meritano; si può assistere ad albe e tramonti spettacolari, e godere di cieli stellati privi di inquinamento luminoso; si ha l’occasione di condividere con sconosciuti piaceri semplici come una minestra calda o una birra fresca, e magari fare incontri inaspettati che rimarranno impressi nel tempo; poi si sperimenta che non lavarsi, per una volta tanto, non è poi la fine del mondo, e che è molto più importante sapersi orientare e riuscire a conoscere e dosare le proprie forze.
Però si dorme in camerata e i russatori notturni ce li abbiamo a pochi centimetri dalle orecchie, senza possibilità di isolarci. Si può dormire poco e male, anche se stanchi morti, ma per una volta non è il caso di farne un dramma, visto che si viene ripagati da ben altre soddisfazioni. Per molti la mancanza di privacy è un problema, ma è molto facile farsi degli amici, o anche solo condividere esperienze e informazioni.
E’ vero, ci sono delle privazioni, ma il saldo è ampiamente positivo.
Quindi, partiamo!
I rifugi, sia privati che del CAI, sono aperti di norma dalla fine di giugno alla fine di settembre. Nelle Dolomiti e nella vicina Slovenia molti rifugi sono aperti anche d’inverno e questo è dovuto alla grande cultura escursionistica di queste zone in tutti i periodi dell’anno.
Come informarsi? Guide di carta stampata, web e passaparola: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Una volta scelta la meta e quindi il rifugio che potrebbe ospitarci, non è difficile procurarsi il numero di telefono e verificare la situazione: il rifugio è aperto? ci sono letti liberi? qual è lo stato della neve e dei percorsi? Di solito i gestori sono persone preparate e possono fornire tutte le notizie necessarie.
Cosa aspettarci da un rifugio? Bè, qui si apre un mondo: le tre zone che conosco meglio sono il territorio regionale, la Slovenia e le Dolomiti. Mi duole dirlo, ma a casa nostra i rifugi offrono le condizioni meno favorevoli: sono rigorosamente chiusi tranne che nel periodo estivo, a parte eccezioni che si contano sulle dita di una mano, e l’ospitalità è spesso carente. Mi è capitato di arrivare bagnata fradicia dopo una giornata intera di cammino sotto la pioggia e il gestore di un rifugio, che per decenza non citerò, si è rifiutato di accendere il fuoco per far asciugare abiti e membra, adducendo la scusa che non voleva “sprecare” la legna. Mi chiedo per cosa centellinasse il combustibile, visto che non poteva servire ad altro che ad accendere un fuoco in un’orrenda giornata di maltempo con temperatura di 5°. Un’altra pessima esperienza ha trasformato una splendida escursione in una malga gestita in una specie di incubo, a causa della deplorevole scortesia e supponenza da parte di un indegno gestore.
Ci sono numerose eccezioni, è ovvio, dove i gestori sono competenti, efficienti e ti fanno sentire a casa. Fra tutti citerò il Corsi, dove arrivai una sera di qualche anno fa sotto il diluvio universale: nella sala da pranzo ardeva un bel fuoco e il gestore, pur febbricitante e reduce da una caduta con conseguente distorsione al ginocchio, girava comunque per i tavoli presentandosi a tutti gli ospiti e chiedendo notizie delle escursioni in programma per l’indomani.
In Slovenia la musica è diversa: i rifugi sono una costante delle montagne di oltreconfine, sono spartani ma non manca mai il necessario, molti sono aperti anche nel periodo invernale, più spesso nei peridi festivi e nei fine settimana, e l’ospitalità è sempre gradevole. In ultimo, e la cosa non guasta, pur a fronte di servizi essenziali, i prezzi sono decisamente contenuti. Ma gli sloveni sono grandi camminatori, quindi li troverete sempre piuttosto affollati e il rischio, in alta stagione, è di non trovare posti liberi. Meglio quindi informarsi sempre in anticipo: quasi tutti riservano una parte dei letti per le prenotazioni, altrimenti vige il principio “chi prima arriva, meglio alloggia”.
Le Dolomiti sono un capitolo a parte, anche per quanto riguarda i rifugi: molti potreste confonderli con alberghi a 3 stelle per il livello di confort che offrono, alla faccia dell’essenzialità. La bellezza delle montagne fa sì che siano sempre posizionati in luoghi scenografici e di grande suggestione. Tanto per fare un esempio, il rifugio Alimonta sulle Dolomiti di Brenta offre docce calde e servizi impeccabili, camerate con "veri" piumini e perfino camerette a due posti, una stube sempre accesa in soggiorno e cucina da manuale. Non è l’unico ad offrire tante delizie, il livello medio è comunque molto alto e i prezzi sono adeguati: una mezza pensione si aggira sui 40 euro (2009), doccia calda a parte. Comunque, non è moltissimo, se si pensa al privilegio di dormire sulle montagne più belle del mondo. Nelle Dolomiti, assai frequentate anche d’inverno, molti rifugi che riescono a risolvere il problema dell’approvvigionamento dell’acqua corrente, offrono ospitalità anche nei mesi freddi, in occasione delle festività natalizie e dei periodi di maggior afflusso turistico, così ci si può godere il lusso di una spedizione sci alpinistica o con le ciaspole in pieno febbraio.
Ed ora, cosa mettere nello zaino se si pensa di dormire in rifugio? Naturalmente tutto ciò che avete già previsto per un escursione in giornata. Per il resto, solo qualche idea sulle cose essenziali, tenendo conto che i miei non sono consigli, ma condivisione delle esperienze personali.
Del sacco lenzuolo non si può proprio fare a meno: non si dorme sul nudo materasso per rispetto altrui e per ovvie ragioni igieniche.
Poi, la lampada frontale: nella stragrande maggioranza dei rifugi la luce manca di notte, o perché vengono spenti i generatori, o perché sono alimentati a pannelli solari e l’energia va dosata. Si può usare anche una comune pila a batteria (che sia carica!), ma il vantaggio di muoversi a mani libere è indiscutibile.
Per dormire, ciascuno può regolarsi in base alle abitudini e alla stagione: personalmente uso la maglietta pulita riservata all’escursione del giorno dopo e, solo se il tempo è inclemente, un paio di pantaloni leggeri e poco ingombranti tipo tuta. Di solito non si soffre il freddo: i rifugi sono attrezzati con un numero sufficiente di coperte.
Quasi tutti i rifugi, nelle cui camerate è proibito calzare gli scarponi, offrono ciabatte di varia foggia e materiali che, ovviamente, sono utilizzate da tutti gli escursionisti. Se volete a tutti i costi le vostre, portate le più leggere e meno ingombranti che avete, ma ricordate che in quota fa freddo anche d’estate e, in generale, un ricambio di abiti caldi e asciutti non dovrebbe mancare.
Per ciò che riguarda la pulizia personale, di norma non aspettatevi di poter fare chissà quale toilette: un mini spazzolino da denti, un pettine e un piccolo asciugamano magari in microfibra per non portarselo appresso fradicio, sono sufficienti. Dove è possibile, la doccia calda dopo una giornata di duro cammino ti rimette al mondo e allora porto con me un accappatoio in microfibra di dimensioni ridottissime e che pesa pochi grammi. Ma posso stare bene lo stesso anche senza lavarmi e la cosa non mi ha mai creato alcun problema. Molti rifugi non hanno l’acqua corrente e in quel caso la pulizia personale è rinviata a data da destinarsi. In quel caso rinuncio a tutto senza grandi patemi, tranne che a lavarmi i denti. Magari in due dita d’acqua della borraccia.
Che altro? Io di solito mi porto dietro un libro, per le lunghe ore serali prima di dormire. I più penseranno che è un peso inutile e probabilmente hanno ragione, ma è la mia piccola mania e siccome lo zaino me lo porto da sola….!
Altre cose irrinunciabili non ce ne sono, a parte farmaci specifici, semmai ne aveste bisogno, o qualche altra necessità particolare: cibo e bevande li trovate in loco, dove troverete anche molto di più, ma non è certo sbagliato avere con sé qualche barretta energetica o qualche altro snack poco ingombrante per le emergenze.
Un capitolo a parte rappresentano i numerosi bivacchi presenti in quota, di cui ho purtroppo esperienze limitate, ma tutte straordinarie, come una notte indimenticabile di ferragosto al bivacco Stuparich. I locali sono assolutamente essenziali: qualche branda con materassi e niente coperte, mancano ovviamente luce ed acqua, tranne rarissime eccezioni (intendo per l’acqua) e a volte ci sono delle stufe, ma si è completamenti soli, sotto le stelle, ed è un’esperienza unica che ciascuno si merita almeno una volta nella vita. Naturalmente bisogna essere completamente autonomi per l’acqua e il cibo, bisogna provvedere a un sacco a pelo adeguato alla stagione (di notte in montagna fa freddo anche d’estate), ma non è difficile attrezzarsi adeguatamente. Aumenta solo il peso dello zaino, ma, anche in questo caso, il bilancio è positivo: si può godere il lusso della solitudine assoluta e il privilegio della più autentica essenzialità. Anche i bivacchi sono tutti censiti su guide e diversi siti web, e farne ricorso può rappresentare una buona scelta, oltre che una necessità.
I generale, curate l’essenziale e non fatevi problemi inutili: in montagna sono assolutamente necessarie buone scarpe, testa sulle spalle e cuore leggero.
A tutto il resto vi renderete conto di poter rinunciare senza rimpianti.
www.rifugi-bivacchi.com