mercoledì 3 febbraio 2010

RADICCHI E LENTICCHIE

Titolo del post che sembra quello di un film di Totò!
Pomeriggio libero, oggi, speso tra la conclusione di "La morte segue i Magi" di Hans Tuzzi e l'allestimento di una di quelle cene che scaldano il cuore in una gelida giornata di febbraio. Appena termino l'ultima pagina, sono già in crisi d'astinenza. Tuzzi si muove in una Milano degli anni Ottanta, del tutto estranea alla  "Milano da bere". Si alimenta di citazioni artistiche e letterarie che non hanno nulla di "colto", ma si presentano invece perfettamente inserite in un contesto narrativo che attraversa il mondo del collezionismo d'arte. La Milano del Commissario Melis è una città tetra e dolorosa, addolcita dal rimpianto del protagonista per le antiche trattorie con cucina casalinga e i perduti splendori dei palazzi umbertini, ormai colonizzati dai nuovi poteri finanziari. L'intreccio è solido, i personaggi  credibili e ben delineati. Il giallo è un pretesto per parlar d'altro, ma regge fino in fondo e accompagna in una galleria di emozioni e di  autentica poesia.
Chiudo l'ultima pagina e mi dico: e ora che faccio? Sono di nuovo orfana, come tutte le volte che  terminare un libro lascia potenti suggestioni e più domande che risposte. Bravissimo Hans!
Per tenere a bada l'inquietudine, mi invento una cenetta che scaldi le membra e il cuore. Ho ricevuto in dono con noncuranza un sacchetto di lenticchie di S. Stefano di Sessanio: chi apprezza il genere, sa che sono "le" lenticchie, quindi, pronti, via!
Una bella cipolla va fatta soffriggere come si deve, seguendo i diktat di Allan Bay: quasi un'ora di cottura lentissima con un paio di cucchiai di olio evo per sconfiggera la fibra coriacea della cipolla e trasformarla in una morbida, dolcissima massa traslucida. Ho aggiunto poi mezza bottiglia di passata di pomodoro industriale ma di buona qualità e un trito di rosmarino, salvia e timo freschi (benedetto giardino!), sale e pepe e, infine, le superbe, minuscole lenticchie rugginose (250 grammi), acqua calda fino a raggiungere una consistenza assai brodosa, e poi via di cottura lenta semicoperta. Dopo un'altra oretta (trascorsa a sbirciare le prime pagine della prossima avventura letteraria), e la zuppa è cotta. La lascio riposare, cercando tra i ripiani del frigo un'altra idea per completare la cena. Due cespi di radicchio tardivo, gorgonzola e noci: non c'è molto da ragionare per un piatto che, con poco, diventa quasi sontuoso. Divido i cespi in due e li rosolo in padella per qualche minuto con un filo d'olio e una spizzicata di sale, ammorbidisco il gorgonzola (deve essere dolce e non piccante per smorzare l'amarognolo del radicchio) e riduco grossolanamente i gherigli di noce. Passo poi il radicchio scottato in una teglia, lo farcisco con abbondante gorgonzola, ficcandolo a forza tra le costole della verdura e cospargo con la granella di noce, un filo d'olio e via in forno a 160°, coperto con un foglio di carta forno.
I venti minuti di permanenza li spendo per proseguire la lettura di "Il suggeritore", corposa opera prima di Carrisi, di cui un collega mi ha detto un gran bene.
A cena c'è profumo di orto e di sapori semplici ma ben definiti, mentre la notte ha steso una coperta blu sulle strade ancora sporche di neve.

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