“Di nuovo da sola in montagna”
Non è proprio vero: ho già fatto questo giro senza compagnia. Ma stavolta l’ho progettato, sono partita e tornata, tutto da sola.
Seconda uscita della “nuova era”, ma per non smentirmi, anche stavolta ho cambiato programma “in progress”. L’idea erano i larici gialli e sabato ho viaggiato a lungo per guide; alla fine erano rimasti in ballottaggio lo Sleme dal Passo Vrsic, il Lago Bordaglia e il giro dei Tre Rifugi in Pusteria. Tutte uscite già fatte, tutti luoghi incantevoli, ma la decisione non arrivava.
Bene, mi son detta, lasciamo che arrivi domani: non devo rendere conto a nessuno, sono libera, deciderà il mio desiderio.
La notte piove di bestia ma alle 6, ora di sveglia spontanea, il cielo nero è stellato e i preparativi sono veloci. Alle 6 e mezza sono in autostrada, con una strana euforia. Non ho ancora deciso, se non di scartare lo Sleme: troppo breve il percorso, ho voglia di faticare. Restano le altre due opzioni e decido che a Forni Avoltri saprò cosa fare.
Intanto mi godo una ricca colazione in autogrill e poi tutti i programmi radio della prima mattina, compresi almeno tre radiogiornali con le solite funeste notizie.
Arrivo in montagna senza quasi accorgermene, ma i larici a Rigolato sono ancora belli verdi e al bivio di Pierabech la decisione è già presa.
Sappada e S. Stefano di Cadore sono affogate nella nebbia mattutina ma, quando viro in direzione del Comelico, compaiono le Dolomiti, appena sfarinate da una leggera nevicata, e una pioggia di monete di rame cade dai faggi scossi dal phon. Tutto riluce, dopo le piogge di ieri, ed ora so che era giusto venire qui.
Sono ormai a Moso, già sveglia sotto il tiepido sole del mattino, mentre al park ci sono sei gradi di ombra umida e il pile non basta. Parto veloce per scaldarmi e poco dopo arriva una buona news: il Pian di Cengia è aperto! Brava Cecchi, mi dico: quale occasione migliore per congedarsi dalle Dolomiti nella buona stagione con un pranzo al Pian di Cengia?
Poi, è solo salita su pietre consunte e mughi che stillano umidità, guardando le profonde ferite longitudinali di Cima Una. Quando una nuova frana? Quanto dureranno ancora queste guglie impareggiabili?
I larici sono gialli come volevo, ma all’ombra non si accendono e in Val Sassovecchio soffia un vento gelido. Ma quando arriva il sole? Arriva insieme al Paterno, la piramide che ho salito con tanti patemi solo un paio di mesi fa, e tutto sembra migliore. Poi arriva la Torre Toblin e i due laghi gemelli, e infine la sagoma del Locatelli e le Tre Cime.
Di nuovo qui, in questo scenario senza uguali, coi miei tempi e col mio passo, e la sola compagnia dei miei pensieri. Mi fermo solo pochi minuti, discosta dalla ventina di persone che sono salite fin quassù, perchè il secondo rifugio mi chiama. Attraverso il grigio ghiaione completamente all’ombra del Paterno ed è sempre emozionante, come guardarsi indietro, veder rimpicciolire il Locatelli e alzarsi Cima Tre Scarperi con la vetta imbiancata.
Cambio di prospettive e ora di nuovo salita decisa verso la forcella, di nuovo passi lenti e braccia nude, pochi incontri sorridenti e sagome in controluce di chi è già arrivato al crinale. Faccio fatica, su per questa ripida salita finale; è l’ultima della giornata, ma sono stanca e mi fa male la schiena.
Arrivare è la solita vertigine di un nuovo versante, con il sollievo di tornare nel sole e lo stomaco che brontola di fame.
Il Pian di Cengia si crogiola sotto il sole ed è animato, ma senza la folla estiva. Una radler e un piatto di minestrone sono un pranzo di gala, con la faccia al sole ad occhi chiusi. Ma siamo vicini allo spartiacque: tra l’una e le due c’è la svolta e il clima cambia, giusto in tempo per ripartire.
Da qui al Comici c’è il silenzio diverso del pomeriggio, che ovatta le orecchie con un senso di smarrimento. Una solitudine spaziale che ti ruba qualunque pensiero e i piedi che fanno male. Sono più stanca del solito e la schiena non mi dà pace. Ma scendo senza incertezze, obbedendo al richiamo del fondovalle di queste stagioni, fino a desiderare una casetta di legno sul Monte di Mezzo, ancora inondato di sole, con il fuoco che scoppietta e la mia famiglia ad aspettarmi.
Ancora larici accesi e un cielo che è diventato un mare increspato di onde bianche. L’ultimo tratto è un patimento di pendenza innaturale: è il nuovo sentiero, tracciato artificialmente per aggirare la frana, e le ginocchia gemono.
Finalmente al Fondovalle, ancora lambito dall’ultimo sole, si può lasciar andare le gambe e annusare il piacere del ritorno, lasciarsi un po’ coccolare dall’orgoglio di avercela fatta e di poter tornare sorridendo.
NOTE TECNICHE
Carta: Tabacco n. 1 Cortina e Dolomiti di Sesto
Dislivello in salita: m 865 fino al Rifugio Locatelli, ulteriori m 117 fino al rifugio Pian di Cengia, totale m 982
Dislivello complessivo in discesa: m 982
PARTENZA
Raggiunto il paese di Sesto, in località Moso si prende la deviazione per Val Fiscalina, posta sulla statale al centro del paesino. Si percorre la deviazione asfaltata per circa tre chilometri, fino al parcheggio a pagamento (€ 3 per l’intera giornata), dove termina la strada percorribile con mezzi privati (in alternativa, se non si vuole parcheggiare a pagamento, bisogna lasciare la macchina nei pressi della partenza dell’ovovia per la Croda Rossa e farsela a piedi). Da qui parte il tragitto per il giro dei Tre Rifugi, ben indicato da una tabella che indica i tempi di percorrenza e l’eventuale apertura dei Rifugi (mentre il Fondovalle è aperto tutto l’anno tranne il mese di novembre, gli altri rispettano i consueti periodi di apertura dei rifugi, di norma dal 30 giugno al 30 settembre). Si segue la strada asfaltata, che in breve diventa sterrata sul fondovalle; lungo il percorso ci sono diverse deviazioni ma il risultato è assolutamente lo stesso: in una ventina di minuti, si giunge al Rifugio Fondovalle.
PERCORSO
Dal Rifugio Fondovalle (1.541) in direzione sud – ovest parte un evidente sentiero che porta in quota. Lo si percorre fino ad un bivio evidente: a destra con il segnavia n. 102, si raggiunge il Locatelli, a sinistra il Zsigmondy – Comici. Il giro dei Tre Rifugi può essere percorso in entrambe le direzioni, ma personalmente prediligo quella verso il Locatelli. Prendete quindi a destra e salite senza incertezze né deviazioni lungo la Val Sassovecchio a fianco di un torrentello, che scorre sotto l’imponente mole di Cima Una alla vostra sinistra. Noterete proprio vicino alla cima gli evidenti segni del distacco che, nell’ottobre del 2006, a riversato a valle una frana imponente. Si sale con pendenza costante, finchè la vegetazione si dirada e compaiono prima il Paterno, poi la Torre Toblin. L’ambiente è meraviglioso ed il percorso mai troppo impegnativo. Giunti su un ampio prativo ormai sotto la Torre Toblin, compaiono le Tre Cime di Lavaredo e la sagoma del Rifugio Locatelli (m. 2.405): siete giunti alla prima tappa del giro, avete percorso il dislivello più cospicuo di 865 m. e, se ci avete impiegato 2 ore e mezza, siete in perfetta media inglese. La sosta sarà indimenticabile, ve lo prometto.
Se non ne potete più, girate i tacchi e scendete da dove siete venuti, ma se avete ancora gambe e polmoni, seguite il mio consiglio e prendete il sentiero n. 101, posto a nord – est del rifugio che, percorrendo i ghiaioni delle pendici nord del Monte Paterno, in un’ora scarsa di morbida traversata, vi porterà al Rifugio Pian di Cengia. Dovrete fare un’unica breve salita degna di questo nome per raggiungere Forcella Pian di Cengia ma la fatica è davvero limitata e i panorami imperdibili, specie quando sbucherete dalla sella in corrispondenza di una crocifisso di legno e avrete davanti a voi un altro mondo straordinario, con la Croda dei Toni, i Cadini di Misurina e distese di montagne a perdita d’occhio da levare il fiato. Ancora una decina di minuti e sarete al Pian di Cengia, piccolo e delizioso rifugio a quota 2.522, che vi stupirà con la sua cucina e con una vista impagabile. Quando sarete sazi di cibo e di bellezze, potete riprendere il cammino: da qui è tutta discesa fino a valle. Prendete in direzione del Rifugio Zsigmondy – Comici e, con una comoda e assai panoramica passeggiata, in una mezz’ora sarete a destinazione. Il Rifugio è posto su una panoramica balza rocciosa al cospetto della Croda dei Toni e di parte della Meridiana di Sesto, lungo le cui cenge si snoda la famosa Via degli Alpini. Anche qui l’ambiente è grandioso e quando sarete pronti, non rimane che percorrere gli ultimi 684 metri di dislivello in discesa per tornare al Rifugio di Fondovalle. Non dovreste metterci più di un’ora e all’arrivo, se avete ancora dei desideri, sappiate che il Fondovalle offre deliziosi buchtel (tipici dolci altoatesini di pasta lievitata serviti con crema alla vaniglia), ma anche yoghurt con frutti di bosco e qualsiasi altra tipica ghiottoneria da rifugio.
CONSIDERAZIONI
E’ un’escursione imperdibile. Io l’ho effettuata in tutte le stagioni (d’inverno con le ciaspe solo fino al Locatelli!) e non riesco a decidermi quando sia più bella. In estate è splendida, con il solo neo di un flusso escursionistico imponente, ma percorretela solo con tempo sicuro perché i fulmini hanno una spiccata predilezione per questa zona (per inciso, “Croda dei Toni” vuol dire “Croda dei tuoni”!!!). In autunno con i larici gialli e semideserta regala emozioni non comuni. In una soleggiata giornata invernale, le cime innevate contro il blu del cielo sono quanto di più simile al paradiso si possa immaginare sulla terra (informarsi SEMPRE prima sulle condizioni della neve!). E’ un escursione senza insidie, ma richiede comunque allenamento e attrezzatura adeguata (ci vogliono comunque dalle 5 alle 6 ore per il percorso integrale, anche se il dislivello complessivo non raggiunge i mille metri). Non mi stanco di raccomandare di tenere sempre d’occhio il meteo e di ricordare che, sopra i duemila metri di quota, si può passare dall’estate all’inverno in poche ore, anche se siamo in pieno luglio (sì, ho il terrore dei temporali e del maltempo, ma sua Maestà la Montagna mi ha impartito alcune severe lezioni sull’argomento, che credo non dimenticherò mai più!).
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